Quarta di copertina
“Ma quale DNA?” dell’antropologo Bruno Barba è un libro-riflessione sui tanti errori e sulle responsabilità della comunicazione sportiva nel creare un’immagine del calcio assai stereotipata.
Perché continuiamo a parlare di squadre “ladre”, “protette”, “fortunate”, “pazze”, “sventurate”, attribuendo caratteristiche e poteri immutabili nel tempo? Perché crediamo esista un’essenza delle Nazionali o delle società calcistiche, indifferente ai cambiamenti politici, sociali, economici? Perché ostinarsi a usare un termine – “DNA” – non rendendosi conto che le squadra, come le comunità, sono soggette a trasformazioni, adattamenti e cambiamenti? Un libro che riflette sui tabù e sulle leggende del calcio, visti con leggerezza e tono (anche) ironico.
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Osservare le dinamiche antropologiche legate al calcio, se possibile, mi ha fatto amare ancor di più questo sport, pur nelle sue storture, contraddizioni, derive. Del resto, come negare che le contraddizioni fanno parte della nostra vita, del nostro comportamento, della nostra società? Gli uomini sono delle entità piuttosto complesse. Ora, come possono le squadre composte da uomini assai complessi essere ridotte alla semplicità, ovvero “spiegate” in maniera rapida e soddisfacente?
[da “Ma quale DNA?” di Bruno Barba]
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“Il calcio non si spiega”, dice Allegri, “l’ha inventato il diavolo”. Ecco cosa significa che il calcio è metafora della vita.
[da “Ma quale DNA?” di Bruno Barba]
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Bruno Barba video-intervista su i valori dello sport (con Marco Tardelli)
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