Intervista all’autore BE – Stefano Ravaglia

Intervista all’autore BE – Stefano Ravaglia

1. Ciao Stefano, presentati a chi non ti conosce, chi sei…

Sono una persona perennemente in lotta con la vita. Di mestiere faccio tutt’altro, ma la scrittura e il giornalismo sono il mio vero campo, dove metto cuore e passione. Per cui combatto per far emergere ciò che voglio fare veramente, purtroppo ho il difetto di essere un po’ competitivo, ma questo ti aiuta anche a dare sempre il massimo in una cosa che ti piace. Sono stato tifoso sugli spalti in giro per tanti stadi, ma amo il calcio nella sua pienezza, nel tempo ho imparato ad andare oltre ai colori di un solo club. Il calcio è una cosa troppo grande per non incuriosirsi anche al di fuori della propria squadra.

2. Che cosa significa per te raccontare il calcio?

Significa distaccarsi dai modelli odierni: calciomercato, gossip o a che ora si è svegliato Ronaldo. Il calcio è un libro aperto, colmo di storie da raccontare, soprattutto quelle meno note. Molti si dicono appassionati, ma poi non hanno mai letto “Febbre a 90”. Esiste una cultura calcistica che va al di là anche della solita filastrocca dei calciatori milionari. Il pallone non ruota solo intorno ai soldi, ma come lo sport in generale è metafora della vita. Tenere vive queste storie deve servire a far capire che il calcio è molto di più che un cospicuo conto in banca. E che i calciatori alla fine sono uomini come noi.

3. Da dove nasce l’idea di scrivere Lettere da Liverpool?

In realtà ce l’ho in testa da anni. Dovessi dare una data, credo il 2016, nei giorni di una trasferta ad Anfield per Liverpool-West Ham. Dovevo scrivere qualcosa su una realtà così grande. Poi, si sa, impegni e circostanze varie tendono a far procrastinare il tutto. Alla fine del 2018, con il Liverpool in piena corsa in Premier e in Champions League, che poi vincerà, ho ritirato fuori dal cassetto due o tre articoli che avevo parcheggiati, ricavandone un libro. L’entusiasmo di quel Liverpool di Klopp è stata la benzina per far nascere il libro, che è venuto fuori in poco tempo.

4. Lo stadio di Anfield è il tempio del Liverpool. Che atmosfera si respira?

L’atmosfera di oggi è diversa rispetto a trenta o quarant’anni fa, in epoca precedente alla Premier League. Non ci sono parole per descrivere la magnificenza di quell’impianto, anche se gli stadi inglesi di oggi hanno perso molto del loro fascino: tutto più composto e teatrale. Ma a me non importa, il fascino di quello stadio è inattaccabile. Poi ci sono cose che vanno al di là: mentre sei in fila per prendere un panino, puoi iniziare a parlare con un paio di tifosi che non conosci, come è capitato recentemente a me. E fuori da Anfield, quando arriva il pullman, tutta la gente del Liverpool è in massa ai bordi delle strade che accende fumogeni rossi, scortando il mezzo al suo ingresso allo stadio. Come dico sempre, è una chiesa laica dove al suo interno si radunano i fedeli per la messa.

5. Raccontaci un episodio del libro che ti piace particolarmente e perché

Il Liverpool è Bill Shankly, per cui il capitolo che ho scritto con più soddisfazione è stato quello a lui dedicato. Un uomo incredibile, troppo spesso dimenticato nella storia del pallone e non capisco il perché. Lo “Spirit of Shankly” è uno dei più importanti club del Liverpool, tanto per far capire che spessore abbia questo personaggio. E un altro episodio bello è stato l’incontro di cui parlo nel libro con Paul Moran: suo padre Ronnie è stata un’autentica bandiera del club per ben 49 anni! E’ stato giocatore, vice allenatore, fisioterapista, e molto altro. Una istituzione. Con Paul ci siamo incontrati a Liverpool e abbiamo passato un’ora bellissima a parlare. O meglio, parlava lui: scatenato, raccontava un sacco di aneddoti relativi a suo padre e mi raccontava della sua maniacale passione per il calcio. Con un padre così non poteva essere altrimenti.

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